Ivan Marchese, fondatore di Café 124 insieme all’amico Mario Alemi, racconta la storia della torrefazione, e come un personale interesse si trasforma nella propria professione durante l’insorgere della pandemia mondiale. Spiega il perché delle loro bellissime confezioni in vetro, e il processo che si nasconde dietro il loro particolare prodotto “Il Caffè in Bottiglia”.
Potrebbe descriverci brevemente la storia di Café 124? Come mai questo nome?
Io, Ivan Marchese (laureato in comunicazione e amante della antropologia alimentare), insieme a Mario Alemi (fisico nucleare), abbiamo fondato Café 124 durante il primissimo lockdown dovuto alla pandemia che ha colpito il mondo.
Abitiamo nello stesso palazzo a Milano e ogni tanto ci vedevamo per passare un po’ di tempo in compagnia. Durante questi incontri Mario mi spiegava la sua passione per il caffè e la sua idea legata allo Specialty Coffee. Incontro dopo incontro mi sono sempre più appassionato a questo mondo ed essendo un amante delle storie che si nascondono dietro ad ogni prodotto ho iniziato a leggere e a documentarmi. A partire da maggio, l’idea di creare un brand nostro ci solleticava e da lì abbiamo deciso di fondare Café 124. Tutto il brand si ispira alla Fiat 124 del 1983 di Mario, un vecchio regalo. Bellissima nelle sue forme e perfetta per fare qualche piccola consegna su Milano.
Le vostre confezioni in vetro sono veramente spettacolari. Come mai l’idea di utilizzare questo packaging e non solamente i soliti sacchetti?
Qual è secondo lei il momento più affascinante nella produzione del caffè?
Come mai proprio il luogo di provenienza e il processo di tostatura?
La prima pianta di coffea arabica è stata trovata in Etiopia quindi diciamo che tutto parte da lì. Poi, nei secoli, la pianta è stata esportata in tutti gli altri paesi: Kenya, Brasile, Peru, india etc. Diciamo che Etiopia, Kenya e Peru sono i paesi in cui il caffè cresce meglio in altezza grazie al clima. In Kenya le migliori produzione crescono a 2200 m sopra il livello del mare. Tutti questi caffè hanno delle caratteristiche in comune: acidità, florealità, sentori di frutta e agrumi. Sicuramente perfetti per un’estrazione con v60, french presso aeropress. Mentre caffè come il brasile (terzo produttore al mondo) non può crescere ad alte altitudini e quindi lo troviamo a massimo 1300 m con delle caratteristiche diverse: cioccolato e nocciola in primis. Diciamo che questi sentori sono dovuti al fatto che essendo a un’altezza più bassa la pianta deve proteggersi e quindi genera anche più caffeina. Qui ne ho accennate solo una parte, anche se le storie sulla provenienza del caffè sono molte di più!
Quindi poi il caffè viene importato e poi viene tostato. Questo è un processo fondamentale per il risultato in tazza. Esistono il 1º e 2º crack di tostatura e poi ahimè esiste la tostatura all’italiana, praticamente gli italiani (o quasi) siamo famosi per la carbonizzazione del caffè. Non proprio il massimo per la patria del caffè espresso. La tostatura determina anche la presenza di acido clorogenico all’interno del chicco. Infatti, più il caffè è tostato, meno acido ci sarà all’interno di ogni singolo chicco. L’acido clorogenico è quell’acido che permette al corpo umano di digerire la caffeina presente all’interno del chicco di caffè, evitando attacchi di tachicardia, gastrite e dolori allo stomaco. La nostra tostatura è caratteristica perché termina tra il 1º e il 2º crack (per intenderci il 2º crack è lo standard che usa Starbucks mentre il 1º è una tostatura molto leggera che si usa nei paesi come la Norvegia, dove le acidità sono molto persistenti). La nostra bevanda Nº124 nasce da queste idee e dalla ricerca che c’è dietro ogni lotto di caffè.
Potrebbe spiegare il concetto de “Il caffè in bottiglia”?
Partendo dalle premesse della domanda precedente, direi che tutta la cultura e la storia che c’è dietro ogni chicco del nostro caffè è racchiuso in quella bevanda da 250 o 750ml. La bevanda nasce dal concetto di Cold Brew, la classica estrazione a freddo. All’inizio, per creare questo prodotto, il procedimento risultava troppo lungo; si doveva far riposare il caffè macinato in acqua fredda per circa 8 ore. Avendo un occhio proiettato al futuro però, ci siamo resi conto che questo processo non sarebbe stato efficiente se un giorno la nostra clientela si fosse espansa anche all’estero. Inoltre, essendo il Cold Brew un prodotto già esistente, decidemmo di pensare ad un procedimento nostro, unico. Mario, grazie ai suoi studi, ebbe l’idea di creare una lavorazione che riduceva l’estrazione a soli 15 minuti: aggiungere l’acqua al caffè e mettere il tutto in una pedana che agitasse il liquido, come in un grande shaker. Decidemmo di utilizzare una delle pompe usate per microfiltrare il vino, così da filtrare e pastorizzare il nostro caffè. La cosa affascinante di questo processo è che permette al consumatore di bere la bevanda a temperatura ambiente, con l’aggiunta di ghiaccio, o anche riscaldata senza rovinarne gli aromi. L’unico consiglio è quello di non scaldare la bevanda a più di 70 °C.
Siamo estremamente fieri della nostra bevanda N°124, perché dà la possibilità al cliente di consumare un caffè filtrato senza bisogno di nessuna attrezzatura particolare. In più, il nostro approccio è a dir poco sincero e schietto, che rende un caffè dalle particolari acidità disponibile a tutti.
Una frase che identifica Café 124 per concludere?
Indubbiamente: "Ogni tazza di caffè ha una storia da raccontare"
Ringraziamo di cuore Ivan per averci dedicato del tempo e per averci spiegato la storia e i prodotti di Café 124.
Per acquistare i loro splendidi prodotti, vi invitiamo a visitare la loro pagina su Sensaterra!