Quale fu il suo primo approccio al mondo del caffè?
Ti racconterò la mia storia fin dall’inizio. Quando ero giovane a casa mia avevamo un piccolo albergo, e quindi sono sempre stato abituato a vedermi, in un futuro, lavorare in questo campo. Proprio per questo ho iniziato una scuola alberghiera, e studiavo per diventare cuoco. Mentre ero immerso nei miei studi, ho deciso di iniziare a lavorare come aiutante in una ditta di gelato artigianale. Lavoravo per un anziano signore, che aveva la passione per il caffè. In cantina teneva una piccola tostatrice, la quale mi incuriosiva molto. Entravo spesso in laboratorio, e osservavo mentre tostava i chicchi di caffè per uso personale.
Poco dopo iniziai a tostare con lui, il quale un bel giorno mi chiese “Perché non inizi sul serio?”. A quel punto, mentre lavoravo nella gelateria, dedicavo parte del mio tempo a tostare il caffè e iniziammo a ricevere qualche cliente per questi prodotti. Non erano molte le persone che venivano per assaggiare il nostro caffè, saranno stati due o tre, ma in quel momento della mia vita iniziai a chiedermi se fosse il caso di iniziare veramente in questo campo, o meno.
Quando decise di diventare tostatore?
Infine, decisi di diventare tostatore insieme a mio fratello e comprammo un terreno qui in Alto Adige. Tutto questo accadeva nel 1995. Ti dico la verità… i primi tempi furono davvero duri. Se avessi saputo tutto il lavoro che ci sarebbe stato dietro, non so se avrei iniziato. Non esisteva nessun corso di formazione, non ricevemmo nessun aiuto, e fu tutto difficilissimo. Infine, però siamo riusciti a sopravvivere, abbiamo creato una nuova base di clientela, e piano piano ho deciso anche di iscrivermi a qualche corso, e studiare più a fondo questo mondo. Sono andato a Vienna per studiare come diventare un torrefattore di alta qualità, e sono diventato Sommelier del Caffè.
Sono stato il primo italiano a potermi vantare di questo titolo. Durante questa esperienza ho fatto molte conoscenze, e diverse persone mi parlavano della SCA (Specialty Coffee Association), e quindi decisi di attendere anche i loro corsi. Mentre passavano gli anni, e la torrefazione cresceva, diversi clienti mi chiedevano perché non iniziavo ad insegnare anche io. E così fu. Iniziai a far parte della SCA e anche ad organizzare corsi di formazione all’interno di Caroma. L’attività è cresciuta, sempre facendo molta attenzione all’alta qualità del caffè, fino a creare una torrefazione del tutto moderna.
Com'è cambiato il metodo di tostatura negli anni all'interno di Caroma?
Inizialmente tostavo con una vecchia tostatrice a 30 chili, e lavoravamo totalmente “a mano”. La macchina funziona a gas, e grazie al mio occhio critico ero in grado di capire quando il caffè fosse ben tostato. Questo succedeva 20 anni fa, quando non c’era la possibilità di automatizzare i procedimenti. Ovviamente però, solo utilizzando la vista, non si poteva capire se il caffè fosse cotto o meno.
Con il passare degli anni, abbiamo avuto la capacità di modernizzarci, utilizzando una tostatrice collegata ad un pc, dove è possibile impostare con esattezza una curva di tostatura. L’impianto che utilizziamo è nuovissimo, l’ultimo uscito. Abbiamo un tostatore molto bravo, che si chiama Moritz, il quale si dedica solamente alle tostature ed al controllo della qualità. Ti dico… avere una macchina è una cosa, ma saper tostare bene, è tutta un’altra storia. Essendo 17 ormai in azienda, abbiamo la possibilità di assegnare a ciascun dipendente una mansione specifica, e Moritz è il nostro tostatore per eccellenza.
Da dove importate il caffè per CAroma?
Inizialmente compravamo caffè solo in Italia da diversi rivenditori. Quando si è piccolini, si compra sacco per sacco, e quindi non si ha troppa possibilità di importazione. Con il tempo però, crescendo e diventando più presenti in questo mercato, siamo riusciti ad allargare la provenienza dei nostri caffè, esplorando diversi gusti e aromi provenienti da diverse realtà. Una delle cose più importanti, insieme al caffè di qualità che produciamo, e la scuola di Caroma nella quale insegno, sono le visite che facciamo all’interno della torrefazione. Queste visite non servono solamente a mostrare la nostra azienda, e il modo in cui lavoriamo, ma soprattutto per educare il consumatore, perché a parere mio questo in Italia manca.
Ti faccio un esempio. In Italia si ha una certa convinzione che un caffè dovrebbe costare 1 euro, non di più. Se ci si siede in un bar ed il prezzo è più alto, le persone rimangono “scioccate”. La differenza esiste con il vino però. Quanto costa un bicchiere di vino? Mi dirai, dipende da che vino. Per questo prodotto il cliente ha già capito e processato il concetto che il prezzo si basa sulla qualità del prodotto che si sta per assaggiare. Nel caffè, non è ancora così.
In Italia abbiamo il caffè meno costoso del mondo. In Honduras, per esempio, un cappuccino costa 1.40 euro, come accade anche in Italia (anche se i due paesi sono molto diversi sulla sfera economica). I baristi infatti non guadagnando molto, comprano caffè di bassissima qualità. E questo è gravissimo.
Caroma vuole essere un missionario del caffè. I clienti, infatti, quando vengono nella nostra torrefazione, hanno la possibilità di assaggiare caffè dall’Etiopia, Brasile, Costa Rica e molti altri. Per scegliere le nostre materie prime, noi non guardiamo tanto le certificazioni, perché molti in questo mercato le utilizzano pur non facendone parte. Noi guardiamo da dove viene il caffè, chi lo lavora, e se è biologico ed ecosolidale.
Mi può parlare della produzione di cioccolato?
Il cioccolato di Caroma è assolutamente un prodotto secondario all’interno della nostra azienda. Abbiamo prodotto cacao al 22/24%, però la commercializzazione del cioccolato è abbastanza ridotta. Ho anche fatto miscele con cacao e cioccolato dentro.
Abbiamo anche deciso di prendere parte in un progetto in Honduras, insieme ad altre 40 persone, tutte nel settore (baristi, torrefattori, ma anche contadini locali). Vogliamo provare a gestire questa finca con i contadini, per vedere se economicamente parlando, il progetto funziona. Dato che noi non siamo in grado di coltivare il caffè, loro si occupano di questo, mentre noi ci occupiamo delle vendite. La piantagione era già esistente, e abbiamo tagliato tutte le piante presenti, per coltivarne altre di caffè e anche di cacao. Per questo posso dire che in un futuro potremmo anche avere il cioccolato come prodotto primario.
Cosa le piace fare di più all'interno di Caroma?
L’aspetto che mi piace di più del mio lavoro, è quello legato alla produzione, la tostatura, confezionamento e stoccaggio. Tutto quello che gira intorno al prodotto. In questo momento però passo molto del mio tempo in ufficio, e questa è la parte che mi piace di meno. Nel Coffeeseum abbiamo una grandissima collezione di macinini, per l’esattezza sono 1962, e settimana prossima diventeranno 2000. Alcune volte capita che mi chiamano per farmi acquistare qualche macinino, e ciò mi riempie di gioia. Anche se preferisco la parte della produzione, stare in ufficio e parlare con i clienti mi aggrada, perchè mi sento a stretto contatto con loro, e so di poterli aiutare.
Una frase per concludere?
"Se si riesce a trasformare il proprio hobby in un lavoro, ad avere la famiglia che ti supporta, a sostenere i contadini in paesi meno fortunati, e a collezionare dei meravigliosi macinini... Cosa si vuole di più dalla vita??"
Ringraziamo di cuore Valentin Hofer per averci concesso questa intervista. Sono stati trenta minuti di un racconto bellissimo, quasi come una storia in un libro. Grazie davvero per il tempo dedicatoci, a presto!
Vi ricordiamo che se si vuole acquistare caffè di qualità, si può visitare il nostro sito Sensaterra!